Frasi su Roma

Roma è una delle città più famose del mondo: più di duemila anni di storia ne hanno fatto un luogo da sogno e a tratti mitico. Molti tra poeti, cantanti, autori e letterati l’hanno celebrata durante i secoli, usando delle frasi e degli aforismi che sono poi rimasti nella tradizione orale della città. Vediamo allora quali sono le frasi celebri sulla bellezza della città eterna, sia in romanesco che in latino.

Frasi celebri sulla bellezza di Roma in latino: gli aforismi che hanno fatto la storia

La sua storia millenaria ha fatto di Roma una delle città più famose del mondo, visitata ogni anno da tantissimi turisti; sebbene sia soprannominata la città eterna, per la sua capacità di rinnovarsi durante i secoli nonostante i tanti periodi di buio, Roma è famosa nel mondo soprattutto per le sue vestigia storiche e per essere stata la città fondatrice di un impero senza precedenti, né successori. Anche per il fatto di aver dominato linguisticamente l’occidente europeo, molti dei detti e degli aforismi che riguardano Roma, sono conosciuti in tutta Europa e non solo, soprattutto quelli che celebrano la sua bellezza e la sua grandezza. Questo vale anche per alcune frasi in latino, che anche per coloro che non l’hanno mai studiato, quando vengono riferite a Roma, vengono comunque capite da tutti o quasi. Tra le più celebri in questo senso possiamo citare ad esempio: “Roma caput mundi”.

Si tratta di uno degli aforismi più famosi attribuiti a Roma e per la prima volta venne usato all’epoca della Roma imperiale, precisamente da Lucano nella sua Pharsalia, dove il letterato scrive testualmente “Ipsa caput mundi bellorummaximamerces Roma capi facilis”, dove appunto Lucano si riferisce a Roma chiamandola Roma capitale del mondo, secondo la traduzione letterale. In seguito anche Ovidio si riferirà più o meno allo stesso modo a Roma con la seguente frase, contenuta negli Amores: “Roma caput mundi regit orbis frena rotundi”, che si potrebbe tradurre con: Roma capitale del mondo tiene le redini del mondo rotondo, a sottolineare la grandezza della città e dell’impero che reggeva.

L’influenza che Roma ha avuto nella formazione del mondo occidentale, anche in parte per come lo conosciamo noi oggi, è stata fondamentale e alla sua grandezza e bellezzasi sono rifatti tanti dei condottieri e dei re venuti più tardi, a partire da Carlo Magno e dal Sacro Romano Impero. In proposito alla fama di Roma e delle sue origini, un’altra frase in latino che rende l’idea è: “Alme sol, curru nitido diem qui promis et celasaliusque et idem nasceris, possisnihil urbe Roma viseremaius”, che nella traduzione in italiano suona come: sole fecondo, che col carro ardente porti e nascondi il giorno, e nuovo e antico rinasci, che tu non possa mai vedere nulla di più grande di Roma. La citazione è tratta anche questa da uno dei poeti più famosi della Roma imperiale, Orazio, che lega direttamente il mito alla città; col sole fecondo dal carro ardente Orazio si riferisce al mito che voleva che il dio Apollo trascinasse su un carro il Sole dall’alba al tramonto, illuminando l’intero mondo conosciuto. Ebbene secondo questo detto, quindi, sulla faccia della terra non esisterebbe luogo paragonabile in grandezza e forza a Roma. Altra famosa frase in latino riferita a Roma è la seguente: “Non fuit in solo Roma peracta die”, che in italiano sarebbe: Roma non fu costruita in un giorno.

Proverbio famosissimo, che trascende anche i confini nazionali e che è conosciuto in tanti paesi europei e non solo, questa frase è usata spesso per indicare come le grandi imprese e le grandi opere richiedano tempo e pazienza; per arrivare dove è arrivata Roma ci sono voluti secoli, e allo stesso modo per realizzare qualcosa di grande bisogna avere la giusta lungimiranza e forza. Ritorna quindi l’idea non solo della bellezza, ma della grandiosità di una città che ha fatto la storia, e il cui mito ha continuato a rimanere ben saldo nella memoria di molti grandi re e condottieri che l’hanno succeduta. Non è ben chiaro l’origine di questa citazione, tuttavia si presume che dovrebbe essere circolata per la prima volta in territorio francese, all’altezza del XII secolo, quando ormai l’impero romano era solo un ricordo; tuttavia questo dimostra come Roma e la sua storia fossero considerate un modello a cui rifarsi anche secoli dopo il crollo dell’impero romano. A proposito di detti famosi in tutto il mondo, non è ben chiara l’origine di un’altra frase latina che si riferisce a Roma e che la descrive con un unico ma fondamentale aggettivo: eterna.

Se si volesse cercare l’origine latina di Roma come città eterna, probabilmente la citazione che più ci si avvicina è da attribuire a Tito Livio, e suonerebbe in maniera leggermente diversa: “Beatamurbemromanam et invictam et aeternam illa concordia dicere”, che secondo la traduzione letterale vuol dire: Roma, città fortunata, invincibile ed eterna. Come tipico di tutti i poeti e gli scrittori di età imperiale romana, come Tito Livio, che con il suo “Ab urbe condita” ebbe il merito di concepire la più grande opera storiografica dedicata esclusivamente alla città di Roma, dalla fondazione fino alla sua età contemporanea, e non poté fare a meno di sottolineare ancora una volta le caratteristiche uniche di una città come Roma, benedetta dalla fortuna ed eterna per volere divino.

Quando si parla di Roma è impossibile non citare anche quello che fu uno dei più importanti poeti romani, e che contribuì in maniera decisiva a creare il mito di Roma, e cioè Virgilio: “Sit romana potens itala virtute propago”, la cui traduzione italiana è: d’italica forza possente sia la stirpe di Roma. Virgilio fu sicuramente il letterato augusteo per eccellenza, quello che contribuì in maniera decisiva alla politica e alla propaganda di Ottaviano, e che collegò senza indugi le origini di Roma e dell’Italia direttamente alla sfera divina, legittimandone in questo modo la superiorità rispetto agli altri popoli. Ma Roma è rimasta grande nell’immaginario collettivo, soprattutto per i suoi monumenti: “Roma quanta fuit, ipsa ruina docet”, che in italiano sarebbe: quanto fu grande Roma lo insegnano le sue stesse rovine. La frase questa volta è da attribuire al famoso architetto del 1500 Sebastiano Serlio, che da artista e tecnico non poteva fare a meno di ammirare e citare come esempio le vestigia dell’antica Roma.

Anche Ovidio, nonostante tutti i problemi dovuti all’esilio, non poté fare a meno di celebrare Roma: “Quid melius Roma?”, e cioè: cosa c’è migliore di Roma? Una breve ma significativa frase per descrivere una città così grande e importante, da un poeta che aveva fatto dell’amore e delle sue diverse manifestazioni il fulcro della sua opera poetica. Roma rimase comunque al centro dei suoi pensieri, soprattutto quando subì l’esilio da Augusto: l’unica cosa che voleva era tornare nella città eterna. Accanto alla celebrazione della città di Roma, veniva di conseguenza anche quella dei cittadini: “Et facere et patifortiaromanum est”, che sarebbe: è da romano fare e patire cose forti; la frase è da attribuire ancora una volta a Tito Livio.

 Nell’antica Roma, infatti, essere cittadino romano era un vero e proprio privilegio, non solo dal punto di vista sociale ed economico per le molte agevolazioni, ma anche a livello morale: essere un cittadino romano significava essere superiori agli altri popoli, considerati, secondo anche l’influenza greca, arretrati e barbari. Proprio in merito a questo si può ricollegare: “Nemo romanorumpacismentionemhaberedignatus est”, cioè: nessuno dei romani si degnò di far menzione della pace, citazione da attribuire ad Eutropio. Quello a cui si riferisce lo storico romano, riguarda la famosa battaglia di Canne, durante la seconda guerra punica, in riferimento al fatto che i romani, da popolo forte e superiore benché usciti da una sanguinosa sconfitta, non si arrendevano alla pace ma preparavano al contrario la vendetta.

Frasi su Roma in dialetto romanesco: gli aforismi e le citazioni più celebri

Dal latino al romanesco il passo non è così lungo come si crede: come i tanti dialetti romanzi che discendono dal latino di epoca classica, quale idioma se non il nativo romanesco può descrivere al meglio la città alla quale appartiene? Sebbene negli ultimi tempi Roma sembra essere caduta in disgrazia, tuttavia i romani sono molto attaccati alla propria città e da sempre sentono il vanto di appartenere almeno in parte ad una città leggendaria. Per questo in riferimento a Roma, ma anche ai romani, ci sono molte frasi e aforismi che descrivono la bellezza di Roma e il carattere tipicamente ironico, a tratti brusco, ma anche scanzonato dei suoi cittadini. Tra le frasi che celebrano la bellezza di Roma, anche in modo spiritoso, c’è: “Si Roma c’avesse er porto Napoli sarebbe n’orto”; nel tipico campanilismo italiano, l’ironiatipica romana sottolinea come la bellezza del golfo di Napoli, sarebbe nulla se anche Roma avesse un affaccio diretto sul mare. Fondata vicino al fiume, infatti, Roma non gode di un porto, anche perché nei tempi antichi si credeva che fondare una città direttamente sul mare significasse condannarla alla lussuria e alla perdizione. In altri casi, invece, alcune frasi e aforismi sulla bellezza di Roma vengono traslate direttamente dal latino, sottolineando ancora una volta l’unico legame che lega la storia di questa città.

Riprendendo un aforisma latino del quale abbiamo già parlato, infatti, in romanesco possiamo citare: “Roma fu fatta n po’ pe vorta”, che sarebbe l’equivalente dell’italiano: Roma non fu costruita in un giorno. A parte la leggera modifica, quindi, il significato rimane lo stesso: per ambire alla grandezza e per soddisfare i propri desideri, basta avere un po’ di pazienza e aspettare il tempo giusto, visto che per realizzare qualcosa di grande, come Roma in questo caso, bisogna aspettare il tempo necessario. Rimanendo invece sempre nell’ambito del campanilismo, ecco un’altra frase in romanesco in tema: “L’unica cosa bella de Milano è er treno pe Roma”; di spiegazioni non ne servono molte, visto che se c’è una città che spesso in Italia si compara a Roma è proprio Milano. Definita da molti la capitale morale del paese, è il fulcro economico d’Italia e il differente modo di vivere dei milanesi e la grande concezione del lavoro dell’area lombarda, fanno di Milano una sorta di rivale alla superiorità di Roma. Tuttaviai romani non sembrano farsene un cruccio, anzi raddoppiano la presa in giro: Milano sarà pure la locomotiva d’Italia, ma non è paragonabile in quanto a bellezza con Roma, tanto che chiunque voglia vederne un po’ deve prendere il treno e visitare la città eterna.

Ma Roma è famosa soprattutto nella canzone: “Quanto sei bella Roma quann’èer tramonto, quanno l’arancia rosseggia dentro ar fontanone”; chiunque può riconoscere in questa frase la famosissima canzone Antonello Venditti, Roma capoccia, che da romano ha dedicato molte canzoni alla sua città (e alla sua squadra). Le canzoni in romanesco e gli stornelli sono sempre stati profondamente legati a Roma, e in musica spesso si è descritta Roma meglio che in tanti libri o documentari. Spesso tutto ruota necessariamente intorno alla bellezza di Roma, con i suoi monumenti, la sua luce, le sue fontane. Altrettanto celeberrima è la frase: “Roma non fa la stupida stasera, damme na mano a faje dì de sì”, tratta dall’altrettanto famosissimo Rugantino, opera canora dove lo spiantato protagonista cerca di conquistare la donna amata, Rosetta, affidandosi alle bellezze di Roma, che diventano speciali soprattutto quando si ammirano con la persona amata, e magari aiutano nelle conquiste amorose, incrementando il romanticismo nell’aria. Altra canzone dedicata alla città eterna, e conosciuta da tutti, è sicuramente Arrivederci Roma: “T’invidio turista che arrivi, t’imbevi de fori e de scavi, poi tutto d’un colpo te trovi fontana de Trevi che è tutta pe’ te (…) Arrivederci Roma”.

Nella famosa versione di Renato Rascel, che spesso viene riproposta e reinterpretata, Roma è descritta come quella che era negli anni del boom economico e della dolce vita, quando da tutto il mondo accorrevano per visitare la città che stava vivendo una nuova rinascita dopo gli anni terribili della guerra e dei bombardamenti. In quel periodo Roma rinasceva dalle sue ceneri, come già molte volte in passato, e soprattutto grazie al cinema tornava ad essere al centro dei riflettori. Sempre in riferimento ai monumenti: “Me dici a rotonda… e dimmeer Pantheon che nun te capisco”, e cioè: mi chiedi di una rotonda, ma dimmi il Pantheon altrimenti non ti capisco. Il modo di parlare dei romani, soprattutto a chi non è della città e non ha spesso a che fare con i cittadini romani, può sembrare un po’ rude, almeno inizialmente, ma se non ci si ferma alle apparenze, i romani sanno essere davvero simpatici, anche nel dare informazioni. “Li romani parleno male, ma pensenobbene”: ecco un’altra frase che si riferisce al carattere e al modo di parlare tipico dei romani: spesso infatti il romanesco è associato al turpe e al becero, e più che come dialetto è sentito come un italiano corrotto. Se da una parte, infatti, il cinema e numerose trasmissioni televisive hanno contribuito a creare uno stereotipo di Roma e dei suoi cittadini non sempre positivo, in realtà il romanesco è un dialetto al 100%, e ha lo stesso diritto di essere studiato e preservato, come tutti gli altri dialetti di area italiana. Ma i romani sanno difendersi bene e anche nei loro detti i cittadini romani ci tengono a sottolineare una presunta superiorità, mista a saggezza e furbizia.

Altra frase rimasta nella memoria popolare grazie ad una canzone popolare molto famosa è: “Venite tutti a Roma v’aspettamo, se dice che più semo e mejostamo”; si tratta della celeberrima Fiori Trasteverini, una canzone che nella memoria dei romani è rimasta ormai impressa da molto. Rifacendosi alla descrizione dei giovani romani di un quartiere storico famoso come Trastevere, ormai luogo di pieno centro, ma un tempo vera e propria borgata popolare, questa famosa canzone vuole descrivere la disponibilità, l’apertura e il senso di amicizia dei giovani trasteverini, verso coloro che non sono nativi di Roma, ma vengono da altre città, che siano del nord o del sud. Un vero inno all’accoglienza, quindi, in nome dell’antica ospitalità tipica della Roma antica, prima vera grande metropoli del mondo occidentale. “Nuda come la bellezza, grande come Roma, santa e dissoluta Roma ama e non perdona, Roma te divora come ‘n barracuda, Roma nuda, nuda, nuda”; ecco un’altra frase di un’altra canzone, forse meno famosa, ma molto significativa. Si tratta di Sette vizi Capitale, una canzone relativamente recente, che nasce da un’idea di un artista molto conosciuto nell’ambiente romano, come Piotta e che vede la collaborazione di un gruppo in ascesa nel panorama artistico musicale, dal nome il Muro del Canto. Canzone molto diversa dalle precedenti, che descrive Roma con le sue brutalità e le sue tante contraddizioni, sicuramente figlia del momento buio che la città sta vivendo da qualche anno a questa parte; tra luce e oscurità, tra corruzione e santità, questa volta si descrive una Roma non patinata, che fa pagare la sua grande bellezza a chiunque incroci il suo cammino, come una sorta di grande matrigna.